Seduto su una sedia, un cartello in mano su cui sono scritte le motivazioni del sequestro, il generale statunitense James Lee Dozier ha lo squadro rassegnato. Dietro di lui una bandiera rossa con sopra la stella a cinque punte e la sigla «Br». Non siamo nel 1982, però, e la location di questa scena non è Padova, dove il militare statunitense venne realmente segregato, ma Bobbio Pellice. Anche i «combattenti proletari» che circondano il finto generale, coperti da un passamontagna e con in mano armi da fuoco, non sono giovani terroristi ma giovani «giocatori». Sì, perché nel mese di ottobre gli Anni di Piombo, incarnati in uno degli episodi più noti che hanno visto in azione le Brigate Rosse, sono diventati un gioco di ruolo dal vivo intitolato «L’ultimo covo». A organizzare l’evento (che si è diviso in due partite di tre giorni ciascuna con 140 partecipanti) è stata l’associazione Terre Spezzate, specializzata in questo tipo di intrattenimento per adulti.

IL GIOCO

«Il gioco di ruolo dal vivo è un evento in cui i partecipanti interpretano un ruolo in uno scenario corale e sviluppano il personaggio che gli è stato assegnato - spiega Francesco Preglias, 35 anni, uno degli ideatori -. Organizziamo scenari di tutti i tipi: dalle battaglie fantasy alla fantascienza». Questa volta, però, la trama del gioco era storica: in un paesino in cui i giocatori possono spostarsi liberamente si fronteggiano polizia, industriali, militanti di sinistra, missini e brigatisti. Nessuno, a parte i ragazzi che si calano nelle loro vesti, è a conoscenza dell’identità dei membri della colonna Br e di dove tengano il generale rapito. «È stato un evento emotivamente impegnativo - continua l’organizzatore -. C’è una notevole differenza tra interpretare elfi e orchi e indossare gli abiti di terroristi e uomini dello Stato». E durante le azioni, vedendo i video che documentano le partite, succede proprio di tutto: comprese scene di tortura a cui i sospettati vengono sottoposti in Questura.

L’ADERENZA STORICA

All’obiezione di chi potrebbe ritenere fuori luogo organizzare eventi simili, basati su fatti tragici e ancora vivi nella memoria di tanti, gli organizzatori rispondono così: «Come per ogni opera d’arte gli autori scrivono lo svolgimento del gioco seguendo la loro sensibilità ma in questo caso mantenendosi anche fedeli agli eventi storici». I partecipanti hanno in media tra 20 e 30 anni, generazioni distanti da quelle che hanno vissuto il terrorismo: «Io conoscevo bene questo episodio ma tanti altri partecipanti hanno dovuto studiare per viverlo al meglio - racconta Francesca Cicetti, studentessa di 24 anni che giocava nei panni di una brigatista -. Io prediligo questi eventi che si basano su fatti storici ma ci sono anche tante persone che partecipano per divertirsi e preferiscono vivere in modo più distaccato il rapporto con il proprio personaggio. In certi casi si scoprono cose nuove e punti di vista diversi».

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